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Nel mese di aprile, sollecitati dal tema della Giornata Internazionale dei Musei, nella quale ICOM ogni anno pone all’attenzione un tema specifico, ci siamo confrontati con il ruolo sociale dei Musei e la loro potenzialità nell’essere agenti di cambiamento, realizzando azioni per favorire la fruizione e la partecipazione da parte di tutte le persone. In particolare ICOM Italia ha sviluppato questi temi: stereotipi e pregiudizi nella rappresentazione e nell’interpretazione, differenti appartenenze linguistico-culturali, disagio socio-economico-ambientale e povertà educativa, diversità di genere e di orientamento sessuale, esclusione sociale dipendente da situazioni detentive.

I Servizi Educativi della GAMeC, in collaborazione con Festival ORLANDO – identità, relazioni, possibilità, hanno portato avanti un Focus Group legato a una prima ricognizione sulla relazione tra diversità di genere e fruizione/visione del museo.
Si è trattato di raccogliere attraverso l’invio mirato di una lettera, consultabile in questa pagina, una serie di pareri e considerazioni che, senza avere la pretesa di essere esaustivi, danno l’avvio a una riflessione del museo, innanzitutto interna, ma con l’idea di incidere anche sulle scelte di inclusione e accessibilità, che proviamo a riassumere di seguito per punti.

DOMANDE E RISPOSTE

1. La diversità di genere e/o la vostra preferenza sessuale-affettiva ha in qualche modo condizionato la fruizione dei luoghi di cultura, in particolar modo i musei? Ne sono nate sensazioni di esclusione? Di distacco nonostante la fruizione? O di piena consonanza? Su quali livelli?
È stata molto apprezzata questa domanda, letta anche come apertura al rinnovamento di un museo come spazio accogliente, aperto, fluido e non discriminante nei confronti delle soggettività queer.
Relativamente a questo punto chi si è espresso in modo specifico facendo riferimento alla alla GAMeC non ha percepito sensazioni di esclusione e/o distacco, trovandola un luogo inclusivo, non normativo, aperto alla creatività – nelle biografie dei suoi pubblici, nelle scelte espositive, nelle proposte – e la diversità di genere sembra non aver condizionato la fruizione di questo luogo di cultura. Disagio e sensazione di non inclusività, a volte legata alla percezione di un elitarismo degli addetti ai lavori, però, non mancano di emergere, in genere, nelle sedi espositive, a segno di un lavoro necessario ancora da compiere.

Alcuni pareri inoltre hanno invitato a ricalibrare l’enfasi sulle identità e le “soggettività”, non perché non siano importanti e degne di rispetto, ma perché la scomposizione del reale e della possibilità di conoscerlo va di pari passo con l’affermazione che non esistono categorie per conoscerlo. Quindi, se da un lato è utile che un museo si interroghi in merito all’inclusione relativa alla diversità o preferenza di genere, dall’altro lato c’è stato un invito a non sbilanciarsi verso un altrettanto escludente settarismo.
In questo dibattito a più voci sono però emerse alcune criticità, che hanno trovato volutamente una focalizzazione sui bagni, e sulla divisione binaria maschio/femmina che implica un’esclusione, dal punto di vista sociale e culturale, quindi una implicita adesione a un pensiero dominante della società che crea situazioni di disagio o di discriminazione messe in atto nell’utilizzo dei servizi.

C’è stato molto apprezzamento per la disponibilità del museo ad accogliere l’iniziativa ARCI nel 2018 in occasione della giornata della lotta contro l’HIV, che andava a toccare temi su cui non era scontato che il museo si mettesse in gioco, lavorando per promuovere informazione anche verso la Città e la collettività.

2. Che cosa, dal vostro punto di vista di possibili fruitori/trici o di effettivi fruitori/trici, desiderereste che il museo mettesse in opera per potere sentire realizzato l’obiettivo di un’inclusione, di una fruizione partecipata o di una cittadinanza culturale attiva? In quali ambiti (strutturali, informativi, di curatela, formativi, di personale attivo presso il museo…) pensate sia fondamentale agire per raggiungere gli obiettivi sopra indicati?
Per quanto riguarda le proposte espositive è emersa una criticità che da tempo è al centro di numerosi dibattiti, ovvero quella di una storia dell’arte dove dominano le figure degli artisti, più che quelle delle artiste, e dove prevale un’immagine tradizionale, se non misogina, della relazione tra uomo e donna, e del corpo della donna. Su questo fronte la questione è molto più articolata di quanto a un primo sguardo possa apparire; un museo non prescinde dalla sua storia, ed essendo le collezioni della GAMeC nate dai gusti collezionistici del Novecento e da quelli contemporanei, solo di recente si è visto l’ago della bilancia orientato in pari mistura verso artiste e artisti, alcuni dei quali hanno trattato apertamente questioni legate
in modo forte alle diversità e preferenze di genere.
Il museo quindi, avendo un’identità e una genesi che non si può modificare, si è nondimeno sempre impegnato a lavorare in un’ottica di qualità artistica, senza alcun atteggiamento pregiudizievole nei confronti di artiste e artisti, curatrici e curatori chiamati ad esporre, così come la selezione di educatrici ed educatori è sempre fatta avendo come unico metro di giudizio conoscenze, competenze e abilità, senza alcuna chiusura verso persone non eterosessuali o cisessuali.

Parallelamente, è emersa, da parte di alcune persone, la proposta di organizzare delle mostre che vadano a toccare alcune tematiche inerenti alla diversità e della preferenza di genere, prima su tutte la piaga dell’omo/lesbo/bifobia e della transfobia, fenomeno estremamente drammatico e quasi per nulla toccato dai media, anche nell’ottica di una formazione alla cittadinanza, andando a investigare questi aspetti di cui
tanta gente ignora addirittura l’esistenza.
Interesse è emerso anche verso due fronti che potrebbero reciprocamente specchiarsi: da un lato quello di attivare dei percorsi che affrontino il tema dei corpi e della loro percezione, non solo rispetto a questioni di genere, ma anche rispetto a tutti i significati – di corpo normativo, di pensiero che decreta cosa è adeguato e cosa non lo è, di moltiplicazione dei corpi e della conseguente percezione degli stessi come oggetti anonimi privati di identità –, questo nell’ottica di una lettura dell’arte vissuta anche come strumento di
crescita e sviluppo armonico della personalità. A questo suggerimento fa appunto da specchio una parallela formazione degli educatori, che li affini sulle capacità di lettura e discernimento delle immagini relativamente a queste possibili chiavi di lettura.

In merito a questa proposta ci fa piacere ricordare che educatrici e educatori museali hanno frequentato un corso finanziato dalla GAMeC proprio per acquisire più profonde competenze educative in merito a tematiche legate alla sessualità, che spesso emergono, soprattutto nella conduzione di laboratori con bambin* e adolescenti, sotto forma di domande, battute, situazioni provocatorie che hanno la malcelata funzione di mettere sul tavolo dubbi e problematiche vissute in modo intenso, che un contesto non scolastico forse sollecita maggiormente ad emergere.

Sulla base di quanto emerso come criticità c’è infine una richiesta di un ripensamento della segnaletica del museo, quando questa si declina su un sistema binario, così come un invito anche alla messa in atto di interventi di formazione nei confronti degli educatori e dello staff legati a un utilizzo consapevole del linguaggio, volto a creare un’inclusione anche linguistica.

CONCLUSIONI E WORK IN PROGRESS

Si è trattato di un pluriverso di punti di vista, non sempre allineati e uniformi, che sono il primo step di un percorso che vuole ora coinvolgere quanti – frequentatori o meno del museo – intendano contribuire.

Sulla base, infatti, di questa tavola rotonda virtuale di prime considerazioni, invitiamo chiunque volesse dare il proprio contributo a scrivere a Giovanna Brambilla, Responsabile dei Servizi Educativi, seguendo la falsariga delle due domande che hanno dato il via a questa ricognizione.