Jazz Travelers è la riproposizione estesa e ampliata di una mostra esposta a New York da Dario Guerini nell’ottobre-novembre del 1997. Guerini fu invitato dalla Galleria Hands a sviluppare e presentare un progetto fotografico da esporre in concomitanza con le celebrazioni mondiali organizzate per il cinquecentenario del viaggio compiuto nel 1497 dal navigatore italiano Giovanni Caboto. Le celebrazioni erano promosse dall’Italian Heritage and Culture Month e sostenute dalla City University of New York e dal John D. Calandra American Institute, con il patrocinio del Console Generale d’Italia, dell’Istituto Italiano di Cultura e della casa Italiana Zerilli Merimo della New York University.

Il titolo della mostra di allora era Naviganti senza navigare, e nell’affrontare il progetto Guerini si era chiesto come si potesse diventare fotografi di eroi senza volto e di eventi accaduti cinquecento anni prima. Decise di mettere in scena i suoi eroi musicisti, veri e propri esploratori del nostro secolo.

Ecco come Guerini giustificò la sua scelta:

“…Nel 1619, poco più di cent’anni dopo le imprese di Caboto, una nave olandese cedette ai coloni di Jamestown in Virginia venti giovani africani da adibire ai lavori più umili. Iniziò così l’istituto della schiavitù in quella terra oggi chiamata Stati Uniti, e prese inizio uno dei più straordinari intrecci culturali della vicenda umana. Gli immigrati dall’Europa oggi costituiscono gran parte della popolazione statunitense: inglesi, irlandesi, francesi, spagnoli, portoghesi, italiani. Tutti inevitabilmente portarono con sé le musiche popolari dei paesi di provenienza che, mescolandosi, assunsero caratteri originali ed inediti. Anche gli africani si trovarono in questa condizione, ma non da uomini liberi, bensì da schiavi razziati lungo la costa dell’Africa occidentale. Essi furono portatori di un’intensità drammatica più vigorosa e profonda nella loro musica e nacque una musica nuova, ricca, una musica di sintesi, la musica afroamericana. Le prime espressioni di musica afroamericana si chiamavano work-songs, spirituals, blues, ballads, rag-time. E poi venne il jazz, che aggiunse a questo bagaglio musicale l’improvvisazione.
Il jazz nasce intorno al 1900 a New Orleans, città natale dei primi maestri del genere: Ferdinand “Jelly Roll” Morton, Joe “King” Oliver, Louis Armstrong. Questa musica, sin dai suoi primi momenti, non ha smesso di percorrere il mondo. I suoi musicisti divennero dei veri e propri missionari della musica, che subì continue contaminazioni dalle culture con cui si mischiò. Esploratori veri, viaggiatori impegnati in rotte di navigazioni musicali spesso sconosciute e improvvisate; essi incarnano la figura del navigatore avvolta da quell’alone di poesia e di mito che in poche altre figure dell’oggi saprei individuare.
Il loro percorso ancora una volta attraversa l’Atlantico, ma in senso inverso rispetto a quello di Caboto. I loro messaggi usano il linguaggio più immediato e universale che è quello della musica popolare e della musica improvvisata.
Così Caboto ritorna cinque secoli dopo in Europa, salpando dalle coste atlantiche degli Stati Uniti e viaggiando questa volta verso Oriente, riportando e miscelando linguaggi inesplorati, emozioni nuove, fiabe e poesie musicali da proporre, mescolare, arricchire con culture europee già a loro volta contaminate e modificate da una storia ricchissima di miscele antropologiche”.

La mostra si inserisce nel cartellone UNESCO dell’International Jazz Day – promosso per la città di Bergamo dal Centro Didattico produzione Musica – e presenta un viaggio in 40 scatti tra i protagonisti del jazz contemporaneo.

Come afferma lo stesso autore, “[…] Se navigazione è trasporto di culture, se è viaggiare verso la ricerca e l’evoluzione, se è un ponte verso forme di espressione inesplorate, se è uno stile rigoroso e creativo di comportamento e di comunicazione, se è messaggio di sogni e di emozioni, se è proposta di emancipazione e di umanità, allora il jazz è navigazione. I miei navigatori si chiamano Johnny Griffin, Michel Petrucciani, Roscoe Mitchell, Dee Dee Bridgewater, Gato Barbieri, Dave Liebman, Hal Galper, BB King, Archie Shepp, Michel Portal, Dave Douglas, Joe Lovano, Mike Melillo, Paolo Conte, Vince Herring, Paolo Conte”.

La mostra sarà accompagnata da una conferenza sul tema, in programma per il prossimo 5 maggio 2016, alle ore 20:00 e da un concerto jazz, che si terrà sabato 14 maggio, alle ore 18:00. Durante la serata sarà presentato il nuovo disco di Claudio Angeleri Why?, che si esibirà accompagnato da Gabriele Comeglio al sax alto, Marco Esposito al basso e Vittorio Marinoni alla batteria.

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Dagli anni Ottanta, Dario Guerini miscela gli impegni professionali ed accademici nell’area dell’economia aziendale e della finanza con la ricerca e la produzione fotografica, privilegiando i temi della musica, dell’architettura, della sofferenza e delle contraddizioni sociali. Inizia con il teatro, poi c’è l’incontro “fatale” con il jazz. Guerini ha indagato a fondo l’universo della musica afro-americana, realizzando numerosi progetti e mostre sia in Italia che negli Stati Uniti. La sua fotografia è diretta, partecipata, consapevole e fortemente comunicativa.