La GAMeC di Bergamo presenta la prima personale in un’istituzione italiana dell’artista Latifa Echakhch (1974, El Khnansa, Marocco. Vive e lavora a Martigny, Svizzera).

La mostra ‘Le rappel des oiseaux’ è parte del programma espositivo Eldorado, che la GAMeC dedica agli artisti emergenti più interessanti sulla scena internazionale, invitati a concepire un progetto inedito per gli spazi del museo.
La mostra è realizzata in collaborazione con il FRAC Champagne-Ardenne di Reims, dove è stata presentata lo scorso aprile; tuttavia, il progetto complessivo dell’esposizione – come accade sempre nel lavoro di Echakhch – è stato ripensato in stretta relazione con lo spazio espositivo della GAMeC.

Attraverso un’estrema varietà di mezzi espressivi che spaziano dall’installazione al video, dalla pittura alla fotografia, Latifa Echakhch esplora le dimensioni dell’identità individuale e collettiva, il concetto di cultura e i sentimenti di appartenenza e sradicamento. Le sue opere sono realizzate a partire da oggetti comuni, che l’artista presenta come tali o dopo averli modificati attraverso azioni semplici: aste per bandiere esposte senza bandiere, tappeti per preghiera il cui interno è stato ritagliato e di cui resta solo il bordo, cartine geografiche accartocciate come fossero piccoli emisferi, microfoni privati del meccanismo di amplificazione.

Ma all’economia dei mezzi che caratterizza il linguaggio artistico di Latifa Echakhch corrisponde un’altrettanto radicale potenza espressiva: le sue, infatti, sono metafore sobrie ma estremamente intense, in grado di evocare una condizione umana universale, ossia la posizione del singolo di fronte alla storia, alla memoria, alla politica e alla religione. Tutto il lavoro di quest’artista riconduce alla dimensione della soggettività e dell’esperienza individuale i grandi temi del mondo contemporaneo: la violenza dei fondamentalismi nazionalisti e religiosi, le ricadute nel presente del passato colonialista, le implicazioni nella quotidianità dell’ideologia modernista.
Nelle opere di Echakhch ciò che un tempo era grandioso e monumentale si presenta oggi come un residuo o una rovina, mentre i simboli ancora in grado di muovere le coscienze collettive sono decostruiti e presentati nella loro fallibilità.

La matrice concettuale che sta alla base della pratica artistica di Latifa Echakhch si accompagna a una spiccata sensibilità poetica. Se sul piano formale l’artista fa spesso riferimento all’Arte Minimalista, Concettuale, Processuale e all’Arte Povera, questi stessi rimandi sono trasformati attraverso un utilizzo insieme lirico e critico di tutta una serie di simboli e oggetti che rimandano a specifici contesti culturali, sia orientali che occidentali.
Al cuore del lavoro di Echakhch c’è un’azione di sottile corrosione di tutto ciò che è percepito come immutabile e al di fuori dello scorrere del tempo e della dialettica storica e che, inevitabilmente, riposa al cuore dei conflitti: i concetti di integrità nazionale e di identità culturale come mitologie della purezza, le contrapposizioni ideologiche e le convinzioni assolute sul destino politico e religioso dell’uomo.

La mostra è documentata da un catalogo monografico edito da JRP Ringier pubblicato nella seconda metà del 2011. Il libro costituisce la prima monografia completa dedicata all’artista, ed è realizzato in collaborazione con la Kunsthalle Fridericianum di Kassel, il Kunstverein di Bielefeld, il FRAC Campagne-Ardenne di Reims e il FRI-ART di Freiburg, tutte istituzioni internazionali che hanno ospitato recentemente mostre personali dell’artista.

La mostra è realizzata con il sostegno di Pro Helvetia, Fondazione svizzera per la cultura.
Si ringrazia l’Istituto Svizzero di Roma per la preziosa collaborazione.

La mostra è parte di una serie in onore di Arturo Toffetti.