Il 2018 segna un traguardo significativo nella storia della GAMeC: quest’anno cade, infatti, il quindicesimo anno dall’istituzione del Premio Lorenzo Bonaldi per l’Arte – EnterPrize, l’importante riconoscimento internazionale dedicato a curatori under 30, ideato dalla Galleria nel 2003 con il sostegno della famiglia Bonaldi, nato dalla volontà di ricordare la passione per l’arte e per il collezionismo di Lorenzo Bonaldi.

Sino dalla sua costituzione, il Premio ha inteso sottolineare la centralità e il significato della figura del curatore nel panorama artistico internazionale attraverso la produzione di un progetto di mostra. Dal 2005 ha assunto cadenza biennale, alternando l’anno dell’assegnazione con quello della realizzazione del progetto vincitore, e ha visto
l’affiancamento di un convegno – Qui. Enter Atlas – Simposio Internazionale di Curatori Emergenti – dedicato all’aggiornamento sulle strategie curatoriali, in ambito sia indipendente, sia istituzionale.

Un valore fermamente sostenuto dalla famiglia del collezionista, come sottolinea la figlia Giancarla Bonaldi: “L’amore per la cultura, la lungimiranza e la fiducia nel futuro sono sempre state alla base delle scelte di Lorenzo e della moglie Carla, sia nel lavoro che nelle passioni private, e proprio queste peculiarità hanno caratterizzato tutto
il percorso del Premio. Grazie a iniziative come questa, tutti noi, famiglia e comunità, continuiamo a credere che sia possibile un mondo in cui scelte culturali così significative possano prevalere su quelle puramente economiche e in cui ai migliori vengano offerte opportunità concrete per raggiungere i propri obiettivi. E la risposta
sempre entusiasta e competente dei giovani curatori è la migliore ricompensa al nostro impegno e alle nostre aspettative nel sostenere questa iniziativa”.

Il Premio Lorenzo Bonaldi per l’Arte ha visto il coinvolgimento di artisti, critici, curatori, direttori di musei, collezionisti e realtà editoriali di settore provenienti da tutto il mondo, che hanno selezionato, ciascuno e per una sola edizione, un candidato chiamato a presentare un progetto di mostra inedito.

Il progetto Enchanted Bodies / Fetish for Freedom di Bernardo Mosqueira, fondatore e direttore dello spazio indipendente Solar dos Abacaxis di Rio de Janeiro, è stato premiato a maggio 2017 da una giuria internazionale che lo ha ritenuto “rispondente ai profondi mutamenti della società contemporanea e, al tempo stesso, in grado di leggere lo spazio espositivo in maniera assolutamente innovativa e insolita, mettendo lo spettatore al centro di un’esperienza attiva e in dialogo con le opere di numerosi artisti”.

Sviluppato indagando l’epistemologia e la cosmovisione della religione afro-brasiliana Candomblé, che riconosce la profonda influenza che gli oggetti possono avere sulla vita delle persone e su ciò che le circonda, la mostra esplora la possibilità umana di creare oggetti in grado di trasmettere un senso di libertà e di forza e pone in evidenza la capacità tipica del corpo migrante di generare e trasmettere la propria cultura in Paesi diversi da quello di origine, divenendo al contempo fruitore delle culture con cui viene a contatto.

Dopo aver analizzato la permanenza e le trasformazioni del patrimonio africano nella cultura brasiliana in seguito alla diaspora e alla schiavitù, Mosqueira ha concepito un progetto che riunisce opere di 17 artisti internazionali diversi per provenienza, bagaglio culturale e ricerca artistica, ma accomunati dall’esperienza quotidiana della
lontananza dal luogo di nascita, in quanto migranti temporanei, nomadi oppure profughi, deportati o esiliati: Abbas Akhavan, Tania Bruguera, Carolina Caycedo, Alia FaridMeschac Gaba, Anawana Haloba, Rodrigo Hernández, Iman Issa, Tonico Lemos Auad, Maria Loboda, Daniel Steegmann Mangrané, Felipe Meres, Carlos MottaAmalia Pica, Eric van Hove, Danh Vō e Haegue Yang.

Mosqueira ha invitato gli artisti a presentare opere di piccole dimensioni ispirate alla forza del corpo migrante e del soggetto straniero che porta con sé una cultura, affinché resista, riviva e si rapporti ad altre culture nello spazio e nel tempo.

Stuoie di paglia, tipiche degli spazi sacri della cultura afro-brasiliana, saranno stese sul pavimento dello Spazio Zero, in modo da offrire ai visitatori la possibilità di sostare nella sala e beneficiare dell’energia trasmessa dalle opere esposte. Il progetto si completerà con l’esposizione di una serie di piante di basilico, che in Brasile hanno uno stretto legame con Oxalá, lo spirito più importante della religione Candomblé: la presenza di queste piante intende trasformare lo spazio in un luogo incantato, magicamente magnetico, e ricordare ai visitatori che il sacro può celarsi nelle cose più comuni.