Dal 19 febbraio al 15 maggio 2016, la GAMeC è lieta di presentare la prima personale in un’istituzione italiana di Rashid Johnson (Chicago, 1977. Vive e lavora a New York), artista afro-americano considerato centrale nel dibattito attorno alle tematiche dell’identità, dell’integrazione, della memoria.

Dopo gli studi in fotografia, la sua straordinaria carriera inizia nel 2001, quando a soli ventuno anni è il più giovane artista ad essere invitato alla mostra liminale “Freestyle” presso lo Studio Museum di Harlem a cura di Thelma Golden. Una carriera che si è sviluppata nelle recenti mostre personali presso il Museum of Contemporary Art di Chicago (2012), il Miami Art Museum (2012), la South London Gallery (2012), il
Ballroom Marfa in Texas (2013), il Museum of Contemporary Art di Denver (2014), la Kunsthalle Winterthur (2014) e, più recentemente, The Drawing Center a New York (2015).

Curata da Stefano Raimondi, la mostra presentata alla GAMeC offre, attraverso una serie di lavori storici, una lettura più profonda e allo stesso tempo più universale della pratica artistica di Rashid Johnson, svincolandosi da facili categorizzazioni ed etichette e addentrandosi nell’affascinante rete di stratificazioni narrative e formali, suggestioni, esperienze personali e storiche che danno forma alle opere.

Per il titolo della mostra, Reasons, l’artista si è ispirato all’omonima canzone del gruppo musicale statunitense Earth, Wind & Fire, il cui testo è strettamente legato al significato delle opere esposte. L’artista racchiude in ciascuno dei propri lavori i motivi che sono stati fonte d’ispirazione per la genesi stessa delle opere d’arte: ragioni mosse dal tentativo di investigare attorno a domande personali o a questioni universali a cui provare a dare una risposta attraverso il medium privilegiato della creazione artistica.

I media e i materiali eterogenei presentati in mostra sono divenuti una firma dell’artista e una porta d’accesso al suo mondo: sculture, dipinti, installazioni e video in cui ricorrono elementi caratteristici quali il sapone nero, la cera, le piastrelle in ceramica, la carta da parati, gli spray smaltati e ancora libri, vinili, gusci d’ostrica, burro di karité, ferro, piante.

Alcuni elementi sono portatori di un fenomeno culturale: la cera, il sapone o il burro di karité erano largamente utilizzati durante la Diaspora Africana e successivamente associati all’ideologia culturale dell’Afrocentrismo negli Stati Uniti verso la fine del XX secolo; i vinili e i libri fanno invece riferimento a una storia più personale, che vede gli album ascoltati dall’artista quando era un ragazzo, gli strumenti elettrici del padre e i testi sottratti dalla libreria della madre rientrare in quello che è definito come memorializzazione del processo di appropriazione e ritrasposizione dello spazio domestico.
Tutti i materiali, pur portandosi appresso queste memorie, diventano nella mano dell’artista oggetti di una narrazione più ampia; sottratti dal loro contesto d’origine, sono scelti per la loro capacità di interazione,
perdono una connotazione biografica o di conoscenza e sono usati come strumenti capaci di creare segni e tracce grafiche, diventando linee e quindi referenze all’arte minimale, elementi di distribuzione di
informazioni e sottotesti. Per Rashid Johnson “l’artista è un viaggiatore nel tempo“ e il suo lavoro è descritto “come un mezzo o un portale per riscrivere la storia in modo efficace, non come una revisione, ma come un lavoro di finzione”.

La mostra e parte di una serie in onore di Arturo Toffetti.

Accompagna la mostra un catalogo edito da GAMeC Books;  si ringrazia il GAMeC Club per il generoso contributo alla pubblicazione del catalogo.

La mostra è stata realizzata grazie al supporto di Hauser & Wirth.

Si ringrazia Massimo De Carlo, Milano/Londra/Hong Kong.