Dal 25 novembre 2016 al 15 gennaio 2017, la GAMeC presenta No Where, Now Here, la prima mostra personale in un’istituzione europea di Rochelle Goldberg (1984, Vancouver, Canada; vive e lavora a New York), a cura di Sara Fumagalli e Stefano Raimondi.

La mostra si compone di una grande installazione, un tappeto di moquette marrone di oltre 200 mq distribuito sull’intera superficie dello spazio espositivo, che agisce come piattaforma monocromatica e paesaggistica su cui vengono presentati i lavori dell’artista: la grande opera No Where, Now Here – che dà il titolo alla mostra e che sviluppa il lavoro presentato quest’anno da Goldberg all’interno della collettiva Mirror Cellsal Whitney Museum di New York – accanto a una nuova serie di lavori scultorei e a un wall-drawing che si estende su tutte le pareti della sala.

Rochelle Goldberg contrasta ciò che viene prodotto a mano e ciò che viene fabbricato, il primordiale e il tecnologico, destabilizzando queste categorie e dirigendo l’attenzione verso il confine instabile dove il virtuale e il reale possono coesistere. Il lavoro di Goldberg mette in atto un’esperienza liminale, minando qualsiasi finalità e paradossalmente teorizzando la trasformazione quale forma ultima. La contaminazione dei materiali interessa l’intera superficie, che include il pavimento dello spazio, e si disperde ulteriormente sulle sculture e nello spazio attorno ad esse,permeando i contorni degli oggetti discreti. Il contatto materico, come viene impostato da Goldberg, porta a una sorta di “infezione”, a uno stato di flusso in cui i confini e le frontiere che fungono da forme di contenimento sono trasgredite e minate.

Attraverso un minimo slittamento semantico, il titolo della mostra, No Where, Now Here, produce una variazione di contesto, di spazio, di luogo e più in generale di significato.
No Where, Now Here funge da cornice ecologica e rappresenta il luogo incerto e dinamico da cui emergono le creature che abitano lo spazio espositivo: minacciose specie ibride, attirate da un’esca,fluttuano tra lo stato di stato di serpente e quello di pellicano, in un continuum trasformativo. Lo stato di predatore e preda è confuso, e addirittura invertito poiché i pellicani divorano valigette costituite dalla loro stessa sostanza. Sono cannibali riluttanti con una fonte di cibo a corto circuito. Inoltre, un gufo osserva le sue potenziali prede dall’alto. Anche lo stesso spettatore potrebbe essere divoratodal gufo vigile.

Le strutture in acciaio che percorrono lo spazio con un andamento fluido, lo dividono e lo congiungono,contribuendo al contempo a minare la fissità della struttura architettonica che ospita l’installazione.
Semi di chia sparsi sulla sabbia lavica mischiati a scorie di carbone potrebbero germogliare, trasformando la stabilità dell’installazione, e facendo emergere la potenzialità dei confini porosi di separare e di definire ciascun componente della stessa. Questo potenziale dinamico illustra l’impossibilità per una forma definitiva di poter essere cristallizzata nel tempo.

I lavori in ceramica presentati in mostra hanno un aspetto ibrido e organico, a metà tra l’animato e l’inanimato, come se fossero generati da continue mutazioni e trasformazioni.
Una condizione resa attraverso l’uso di bobine attorcigliate come dei serpenti e che possono assumere una varietà di forme. Anche altre opere in mostra avranno la stessa peculiarità, tra cui Hand’sreplace the deck, che unisce il linguaggio tattile della ceramica con materiali contemporanei: cavi in fibra ottica, illuminati da LED, che mani in diverse posizioni cercano di afferrare.

Si ringrazia il GAMeC Club, Miguel Abreu Gallery, New York e Galleria Federico Vavassori, Milano per il generoso contributo alla pubblicazione.

La personale di Rochelle Goldberg è parte di una serie di mostre dedicate al collezionista Arturo Toffetti, la cui donazione contribuisce, dal 2008, alla realizzazione di alcune delle mostre d’arte contemporanea della GAMeC, consentendo l’arricchimento della propria Collezione Permanente con nuove opere. A conclusione della mostra, infatti, una delle opere dell’artista entrerà a far parte delle raccolte del museo.

La mostra è stata realizzata grazie al supporto di Dielle Ceramiche S.p.A., Miguel Abreu Gallery, New York e Galleria Federico Vavassori, Milano in qualità di Sponsor, e di Radici Pietro Industries& Brands S.p.A. / SIT-IN Rebuzzi quali Sponsor Tecnici.