Dal 19 marzo al 27 luglio 2008 la GAMeC – Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea di Bergamo presenta la mostra Yan Pei-Ming con Yan Pei-Ming a cura di Giacinto Di Pietrantonio, la prima personale in un museo italiano dedicata a questo artista di origini cinesi, uno dei maggiori protagonisti dell’arte internazionale contemporanea.

Venti opere di grande formato, tra cui molti acquarelli, per la maggior parte esposte al pubblico per la prima volta – come ad esempio International Landscape (2006), Pape Jean-Paul II (2005), Selfportrait af Four Ages (2006) o la serie di acquarelli New Born, New Life(2007) – offrono al pubblico uno sguardo non retrospettivo ma progettuale del lavoro di Pei-Ming, in un itinerario creato dall’intesa tra il curatore e l’artista stesso che si articola in quattro sezioni tematiche: Autoritratto con paesaggio, Autoritratto con religione,Autoritratto con parenti e Autoritratto con vita e morte.

Proprio il titolo evoca il tema centrale della mostra, l’autoritratto, presente in ciascuna delle sale e in dialogo continuo con gli altri soggetti esposti. Questa scelta nasce dalla considerazione che ogni opera è per ciascun artista una sorta di autoritratto anche quando non lo rappresenta direttamente poiché egli riporta ogni lavoro che realizza a se stesso. Pei-Ming introduce tra i suoi temi l’autoritratto dal 2000, questo momento diviene per il curatore una sorta di spartiacque da cui partire per un viaggio in avanti e indietro nel tempo prima e dopo questo “anno zero”.
Un altro aspetto importante su cui la personale si focalizza è la tecnica con cui l’artista lavora, ossia la pittura, che di per sé evoca qualcosa di classico e antico. In realtà la sua pittura, materica e realizzata con pennellate violente, è un ponte tra Oriente, terra di origine, e Occidente, terra di appartenenza culturale. Le grandi tele a olio con cui Pei-Ming si è distinto sulla scena internazionale – quasi monocrome in nero, bianco o rosso, che rappresentano soggetti ricorrenti della politica come Mao Tse Tung, dello star system come Bruce Lee o religiosi come il Papa, la Madonna o il Buddha – sono realizzate, infatti, con una tecnica propria della tradizione occidentale che l’artista dipinge unicamente nel suo studio a Digione, mentre gli acquarelli, creati solo quando si trova a Shangai, rimandano alla tradizione pittorica orientale. In entrambi i casi la sua pittura non si riferisce mai ad un luogo geografico di appartenenza ben preciso ma diviene sinonimo di atemporalità e non luogo: Est e Ovest uniti in una mescolanza di stili, elementi, soggetti. L’uso dell’acquerello rappresenta per l’artista un momento importante: egli vi dipinge la serie dei bambini, quindi la vita nella sua fase iniziale, i teschi e l’autoritratto da impiccato, ossia il concludersi di un’esistenza, vita e morte intrecciate, come suggerisce l’ultima sezione della mostra, e l’autoritratto diventa un simbolo, la messa in scena della morte o meglio del suicidio quindi la fine programmata, lascia intendere che l’artista è in grado di decidere su tutto e non solo sulle sue opere ma, forse proprio attraverso di esse, sulla vita e sulla morte.

Nel percorso espositivo il film Ming, artiste brigand del regista francese Michel Quinejure documenta il metodo di lavoro di Yan Pei-Ming: pennellate vibranti contro la tela e una disciplina che include una pratica ossessiva della serie, la ripetizione del soggetto, la monocromia e una serie di costrizioni orarie auto-imposte che avvicinano la sua attività pittorica, un intenso interagire con la tela quasi fosse una lotta tra sé e l’opera, ai precetti della pratica marziale orientale.

La mostra è stata preannunciata già nel mese di novembre dall’ingresso nella Collezione Permanente del museo dell’opera di Pei-Ming Papa Giovanni XXIII, realizzata nel 2005 e parte della collezione della Banca Popolare di Bergamo.

Accompagna la mostra un catalogo bilingue, edito da Electa, Milano.